L’uomo del momento …

Ho cercato di spiegare ai tedeschi il successo di Salvini – ovviamente prima delle elezioni europee. Pubblicato nel numero di maggio del sindacato tedesco „Erziehung und Wissenschaft“ sull’Europa.

… in Italia è il populista di destra, vicepresidente del Consiglio dei ministri e ministro dell’Interno, Matteo Salvini. Nella sua ascesa l’Unione europea (Ue) e la politica del rigore non sono esenti da colpe.

 

17.05.2019 – Petra Reski, giornalista e scrittrice

“Soltanto l’Europa ci può salvare”, si diceva un tempo in Italia. Salvare dalla mafia, dai politici corrotti, dal nepotismo nella pubblica amministrazione e dall’elevato tasso di disoccupazione giovanile. Allora gli italiani reclamavano non meno, ma più Europa. L’Europa non era ancora un teorema dell’alta finanza, bensì sinonimo di libertà e democrazia, di diritti umani e pluralità. La svolta è giunta con la crisi del debito sovrano dell’eurozona. Giacché le banche italiane non hanno più concesso mutui, innumerevoli imprese familiari dell’Italia del Nord – la spina dorsale dell’economia italiana – sono finite nelle mani degli usurai mafiosi. Il patto di stabilità e crescita del 1997 che doveva provvedere alla stabilità politica e finanziaria dell’Unione monetaria europea è servito all’allora Governo italiano come giustificazione per privatizzare non solo i beni culturali, ma anche le infrastrutture del Paese. Da allora in avanti ciò che apparteneva a tutti è finito nelle tasche di pochi. In sintesi: la politica del rigore dei decenni passati ha impoverito gli italiani e reso ancor più ricca la mafia.

 

Durante la crisi migratoria del 2015, inoltre, la popolazione è diventata testimone di come i partner europei si siano trincerati dietro al regolamento di Dublino del 1990, secondo cui il profugo deve chiedere asilo nel primo Stato di approdo nell’Ue. Ciò pone dei problemi in un Paese ricco di coste come l’Italia: i migranti e la carente disponibilità dell’Europa ad accogliere gli immigrati sui barconi sono stati i temi con cui il capo della Lega nazionalista e conservatrice Salvini ha potuto condurre tutta la sua campagna elettorale populista. La sua strategia funziona anche perché i media italiani hanno fatto dimenticare agli italiani che nel 2003 è stata la Lega stessa, al governo assieme a Berlusconi, a firmare l’accordo di Dublino.

 

Prima delle elezioni del 2018, perdipiù, il commissario europeo Günther Oettinger (CDU) ha consigliato agli italiani di non votare per “i populisti”, visto che sarebbero stati puniti dai mercati finanziari. In altre parole: votate bene, altrimenti vi chiudiamo i rubinetti del credito! Anche i media tedeschi non hanno lesinato consigli: “Il figlio problematico dell’Europa va al voto”, ha ammonito la Berliner Zeitung, Die WELT ha messo in guardia dal “baccano italiano” consapevole che la maggior parte degli italiani non avrebbe desiderato “un difficile risveglio”. La Süddeutsche Zeitung ha scongiurato i pericoli derivanti dal “serissimo clown con la bava alla bocca” Beppe Grillo e il suo Movimento 5 Stelle.

 

Come apparirebbero le cose se per una volta tentassimo di descrivere l’Italia non dalla prospettiva tedesca? È stato Berlusconi il primo populista d’Europa che ha utilizzato e continua a utilizzare la politica esclusivamente per interessi personali e imprenditoriali: un’anomalia che si dipana come un filo conduttore attraverso la politica italiana degli ultimi venticinque anni. Quando il Partito Popolare Europeo (PPE), fondato nel 1976, ha preso sotto la sua ala il partito di Berlusconi, Forza Italia, immediatamente dopo la sua nascita nel 1994, dagli altri Stati dell’Ue non si è levata nessuna voce critica. Sui rapporti con la mafia di Berlusconi non è stata proferita parola. È da Berlusconi che Salvini ha imparato quando ha fatto del “Prima gli italiani” il suo slogan principale: fino ad oggi Berlusconi rimane strettamente legato a Salvini – e il suo soccorritore in caso di emergenza, qualora la coalizione di governo con il Movimento 5 Stelle andasse in frantumi.

 

In campagna elettorale permanente

Come un tempo Berlusconi, oggi anche Salvini è in campagna elettorale permanente, il profluvio di messaggi che pubblica su Twitter, Facebook e Instagram non si esaurisce mai: Salvini mentre stringe le mani degli operai del cantiere navale di Monfalcone, Salvini acclamato a San Luca, nella roccaforte della ‘ndrangheta. Questi ha preso lezioni anche da populisti di destra quali Marine Le Pen, Geert Wilders o Viktor Orbán. Tra i suoi amici può annoverare anche Vladimir Putin; in veste di oppositore delle sanzioni inflitte alla Russia dall’Ue, Salvini è andato incontro al Presidente russo. E con ciò si è guadagnato il voto di molti imprenditori italiani. Fino a quando l’ambasciatore statunitense a Roma gli ha spiegato come non sia una buona idea avere tra i propri collaboratori più stretti uomini che gli Usa considerano tirapiedi del Cremlino. Come cassa di risonanza della sua furia comunicativa Salvini ha a disposizione i media che i corrispondenti dall’Italia citano di continuo come le fonti di riferimento: Repubblica, Corriere della Sera o La Stampa, incluse le emittenti televisive pubbliche e private. Media che sono perlopiù di proprietà dei partiti o di gruppi imprenditoriali e di industriali vicini ai partiti. L’unico partito del Parlamento italiano che non possiede né un quotidiano né una tv è il Movimento 5 Stelle di Grillo, anch’esso definito populista.

Non può dunque sorprenderci se attualmente i sondaggi sulle elezioni europee diano la Lega di Salvini a ben oltre il 30 per cento, se in altre parole essa potrebbe raddoppiare il risultato conseguito l’anno scorso in occasione delle elezioni politiche. Nel frattempo Grillo e i suoi compagni di lotta entrati in Parlamento come i vincitori delle elezioni italiane con quasi il 33 per cento dei voti seducono sempre di meno gli elettori: a causa dei tweet incessanti come un frullatore di Salvini è passato sottotraccia il fatto che sono stati i Cinque Stelle i primi a far notare l’assurdità del regolamento di Dublino, che sono stati loro ad aver imposto una legge anticorruzione e un reddito per i bisognosi che va da 780 (per i single) a 1.950 euro (per le famiglie con due bambini). Una rivoluzione in un Paese in cui al Sud i boss continuano a decidere a chi dare lavoro e a chi no.

 

Quando però si tratta di fare la guerra al movimento di Grillo, tutte le posizioni politiche italiane, da sinistra a destra, si trovano d’accordo – il che, malgrado l’attuale coalizione tra i Cinque Stelle e la Lega, non sorprende: dopotutto, è stata la grande alleanza tra Forza Italia di Berlusconi, la Lega e i socialdemocratici del PD che ha governato l’Italia degli ultimi venticinque anni – in un primo momento sotto forma di „nozze senza certificato di matrimonio“, in seguito in via ufficiale: i governi cambiano ma le facce rimangono le stesse.

 

Cambiamento apparente

La parola magica della politica italiana si chiama „trasformismo„. Ciò che suona come un’evoluzione dei tempi significa il contrario: cambiamento apparente. I 64 governi italiani che si sono succeduti a partire dal dopoguerra non sono mai stati espressione della volubilità mediterranea, bensì hanno incarnato la massima del romanzo Il Gattopardo di Tomasi di Lampedusa: „Se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi.“

 

Soltanto l’attuale 65° governo del dopoguerra rappresenta una novità, ma soltanto grazie al movimento di Grillo, l’intruso. Per decenni la Lega ha governato in armonia con Berlusconi firmando, senza fare rimostranze, le leggi tagliate su sua misura (leggi ad personam). I Cinque Stelle, invece, sono diventati politicamente influenti per essersi ribellati contro il fatto che per svariato tempo non vi è stata una vera opposizione a Berlusconi. Ecco perché nella politica italiana, con il loro Dna fatto di attivisti antimafia, ambientalisti, oppositori delle grandi opere e difensori dei diritti civili, essi rappresentano un corpo estraneo. Ed è per questa ragione che la lotta contro la costruzione del controverso tratto dell’alta velocità TAV appartiene al mito di fondazione dei Cinque Stelle. Semmai dovessero perderlo, perderebbero il loro bene più prezioso, la credibilità.

Salvini non ha questo problema. Ai suoi seguaci basta un tweet, poco importa se si tratta di barconi o di pizza: „Buon appetito, vi voglio bene amici!“ Dal momento che a causa del calo del numero degli immigrati il tema dei rifugiati ha perso di importanza, Salvini ha avuto bisogno di un nuovo tema da campagna elettorale: si è presentato come il custode delle grandi opere infrastrutturali e con ciò come l’interlocutore della mafia e dei lobbisti che hanno visto dileguarsi i benefattori di un tempo. Il Partito Democratico è in caduta libera, Berlusconi cade a pezzi insieme al suo partito e i Cinque Stelle hanno vinto le ultime elezioni grazie alla loro opposizione alle grandi opere. Non rimane loro che Salvini. L’uomo del momento.

Traduzione dal tedesco di Stefano Porreca