La mafia in Germania

In Germania non c’è territorio esente dalla mafia

(Intervista di Timo Brücken per backview. Traduzione di Cristina Bianchi)

Intervista con l’esperta di mafia Petra Reski

Il suo libro „Mafia. Di padrini, pizzerie e falsi sacerdoti “ (pubblicato in Italia con il titolo „Santa Mafia“, ed. Nuovi Mondi) può essere pubblicato solo censurato in Germania. Con back view Petra Reski parla di città vendute, di cruenti incidenti di percorso, di  „splendide“ amicizie tra mafiosi e politici  e anche di com’è essere minacciati in prima persona dalla mafia.

„Tutto ciò che so sulla mafia, lo devo a lei“, ha detto a proposito di Petra Reski la scrittrice di gialli Donna Leon. La giornalista e scrittrice Reski vive in Italia e scrive da anni sulla criminalità organizzata. La cosa non è gradita proprio a tutti, come ci ha confidato in un’intervista.

Back view : Signora Reski, in uno dei suoi libri alcune pagine hanno dovuto essere annerite. Due ristoratori italiani che vivono in Germania avevano vinto il ricorso contro il fatto che i loro nomi nel libro sono stati citati in relazione ad un rapporto della polizia federale. Quant’è potente la mafia in Germania, se a causa sua vengono censurati persino i libri?

Petra Reski: Questa domanda me la pongo anch’io, naturalmente. Trovo molto significativo che la censura del mio libro abbia destato molto più clamore all’estero che in Germania. Una cosa del genere non esiste nemmeno in Italia.  Lì la mafia cerca di zittire i giornalisti con altri metodi, ad esempio con richieste di risarcimento danni esorbitanti.  Ma nemmeno lì è ancora accaduto che un libro venga censurato. Per me questo fatto è stato molto eloquente. Indipendentemente da dove si muove, la mafia si adatta alle condizioni dei singoli paesi e cerca lacune legislative da poter sfruttare a suo vantaggio. In Germania il marcato diritto della personalità è una di queste  lacune.

Vi sono, per così dire, roccaforti mafiose in Germania?  Dov’è particolarmente attiva?

L’organizzazione mafiosa più diffusa in Germania è la ‚Ndrangheta  calabrese, a cui è stata attribuita anche la strage di Duisburg, in quanto tradizionalmente più mobile rispetto alle altre organizzazioni. Ma in generale la mafia ha sempre cercato luoghi in cui vivevano già molti connazionali, che potevano poi tornare eventualmente utili alla sua ascesa. Perciò sono roccaforti della mafia soprattutto regioni come il Nordrhein-Westfalen, Baden-Wuerttemberg, Baviera ed Assia e, in seguito alla caduta del muro, anche Turingia e Sassonia. In verità bisogna dire che in Germania non c’è più un territorio esente dalla mafia.  La mafia agisce in modi differenti secondo la struttura economica di una regione.  A Monaco la mafia si muove in modo diverso rispetto a Erfurt. Monaco di Baviera è considerata „venduta“, come spartita tra le singole organizzazioni mafiose. A Erfurt, la ‚Ndrangheta  calabrese ha conquistato il predominio. Nella zona orientale sono state utilizzate dalla mafia anche ex-cordate della Stasi.

In questi luoghi la mafia come guadagna il suo denaro?  È ancora attuale l’immagine classica dell’estorsione di denaro e del traffico di droga?

No, assolutamente non più. Il pizzo in Germania è un po‘ come una specie di leggenda metropolitana, una storia a cui molti tedeschi ancora credono. L’estorsione del pizzo non è più già da tempo l’attività principale della mafia, serve esclusivamente a esercitare il controllo su un  territorio. Ma la mafia può fare questo solo dove ha la totalità della popolazione già sotto controllo, come nella sua terra d’origine in Italia.  In Germania la riscossione del pizzo è sempre stata  un problema. Ogni volta che è stata incendiata una pizzeria è sempre intervenuta immediatamente la polizia. Già da diversi anni quindi i mafiosi sono passati a riscuotere il pizzo attraverso i fornitori. Questi estorcono denaro ai ristoranti  italiani semplicemente esigendo prezzi più elevati per le loro merci.

In Italia la mafia ha portato a conflitti cruenti, ha fatto persino uccidere giudici e tutt’oggi minaccia di uccidere i giornalisti che assumono posizioni critiche.  Situazioni di questo tipo minacciano in qualche misura anche noi in Germania?

Se l’opinione pubblica tedesca non diventa consapevole del problema una cosa del genere, a lungo termine, non è da escludersi.  Ci sono già stati magistrati tedeschi che sono stati minacciati dalla mafia e che hanno dovuto vivere sotto protezione della polizia.  E il fatto che sia il mio libro che quello di Jürgen Roth si possano vendere soltanto anneriti è, ovviamente, un campanello d’allarme  della presenza massiccia della mafia in Germania. Sostanzialmente la mafia tenta di immergersi di nuovo nell‘ invisibilità e di agire con maggiore raffinatezza. Si verificano continuamente omicidi su cui  non si riesce a fare luce perchè agli inquirenti non è chiaro il retroscena mafioso. Ma qualcosa di tanto spettacolare come l’omicidio di sei persone a  Duisburg è un incidente di percorso. Con esso è stata richiamata l’attenzione sulla mafia, cosa che non è nel suo interesse.  In Germania la mafia  ha  investito già da tempo nell’economia legale e non si mantiene più con i reati che possono essere puniti con  le leggi tedesche. Anche se a tutt’oggi la mafia si occupa  di falsificazione di denaro, traffico di stupefacenti e di autovetture, ma in rapporto agli investimenti legali queste attività è solo una  piccola parte.  Tra l’altro la mafia in Germania quasi mai viene definita mafia, perché da noi il reato di associazione mafiosa non esiste. Pertanto le possibilità per polizia e magistratura di dimostrare un reato commesso da mafiosi sono,  purtroppo, estremamente limitate.

Quindi il problema non viene preso abbastanza sul serio? Dopo gli omicidi di Duisburg nel 2007  l’attenzione dell’opinione pubblica si è spenta di nuovo rapidamente.

Duisburg è dimenticata già da tempo. E proprio questo vuole la mafia: che il risveglio sia  solo temporaneo e che i tedeschi ripiombino velocemente nel loro letargo. All’opinione pubblica non è assolutamente chiaro quanto sia realmente presente la mafia in Germania. Non c’è nemmeno la volontà politica di riconoscere la mafia, di affrontarla. Questo è riconducibile al fatto che  la mafia italiana  emerge a stento dalle statistiche della polizia giudiziaria, fatto che non dimostra che non siano commessi reati, ma soltanto che vengono commessi con maggiore abilità. La mafia italiana  ha beneficiato di 200 anni di esperienza, a differenza di altre organizzazioni criminali che,  ancora impegnate in guerre fra bande, non si sono ancora immerse altrettanto bene nell’economia legale. Perché mai un politico dovrebbe portare l’attenzione su un problema che nessuno vede apertamente? Questo non gli arreca nessun vantaggio, non gli fa guadagnare voti. Alcuni inquirenti dicono anche che un tedesco percepisce un furto in appartamento  in modo soggettivo, vale a dire come più pericoloso di un  riciclaggio di denaro da 200 milioni di euro. Ma proprio nel caso del riciclaggio di denaro vi sono molti complici tedeschi. Nessuna piccola banda mafiosa può fare questo in modo autonomo, la cosa è possibile solo con l’appoggio di consulenti fiscali tedeschi, di direttori di banca tedeschi e anche di politici tedeschi.

Quindi la mafia è sempre ben collegata con il posto?

È assolutamente ben collegata, è proprio questo il segreto della mafia: non è mai un corpo estraneo nella società. Ne è sempre parte integrante, non importa se in Germania o in Sicilia.  Non per niente la ‚Ndrangheta e le altre organizzazioni hanno costruito la loro rete attraverso pizzerie e altri ristoranti.  Questo offre un duplice vantaggio: in primo luogo per la legge tedesca non si possono fare intercettazioni nei locali pubblici e, in secondo luogo, si hanno contatti sociali in modo naturale e appunto questi sono la cosa più importante. Vi sono diversi casi di mafiosi che hanno ottimi rapporti con politici locali e federali.  E questa rete sociale è sempre partita dai ristoranti. Poi sono state finanziate feste elettorali e questo, a volte, è stato l’inizio di una bella amicizia.

Nei film e nei libri si vede sempre lo stereotipo della mafia come „onorata brigata“. Questo quanto condiziona la percezione della gente?

Questo fa parte della campagna di propaganda della mafia. Per la mafia è indispensabile avere il controllo della sua immagine e di quest’idea romantica di una sorta di organizzazione alla Robin Hood. L’immagine che la mafia oggi fornisce di se stessa in Germania e che in larga parte viene anche percepita, corrisponde all’immagine che diede di se stessa nella Sicilia negli anni ’60. In Germania Francesco Sbano, un fotografo originario della Calabria, oggi produce cd con „La musica della mafia.“ Questo ovviamente giova allo scopo propagandistico di rappresentare la mafia come patrimonio mondiale dell’umanità. E naturalmente una cultura non può finire davanti a un tribunale e farsi giudicare. I tedeschi si lasciano abbindolare da questa immagine folcloristica della mafia, così da poter poi pensare: questo con noi non ha proprio nulla a che fare. Finché la mafia viene considerata come un piccolo popolo selvaggio, che vive in qualche posto sulle montagne italiane, che si uccide a vicenda e canta qualche bella canzoncina, con questo noi non abbiamo nessun problema.

Anche lei personalmente è già stata minacciata dalla mafia?

Sì, sono stato minacciata in Germania e per la precisione non una volta sola.  Posso solo dire che questo fatto mi ha inquietato molto, soprattutto perché nessuno comprende veramente la minaccia.  Ad eccezione di  pochi colleghi giornalisti e della polizia tedesca, che gentilmente si preoccupa che sia sempre presente un poliziotto in occasione dei miei interventi pubblici. Trovo interessante con quanta naturalezza queste persone possano comportarsi così. Sono stata minacciata in occasione di una presentazione del mio libro a Erfurt e persino durante un‘ udienza in tribunale. Quando come giornalista sei minacciato dalla mafia in Germania e nel contempo manca nella gente la percezione di questo, è chiaramente molto frustrante per l’individuo.  Quindi sono lieta di vivere in Italia, dove la questione è presa molto più seriamente e dove ho sperimentato una grande solidarietà, senza la quale non avrei potuto superare il tutto.

I tedeschi devono dunque riconsiderare il loro rapporto con l’argomento „mafia“?

Assolutamente.  Vorrei che fosse così.  La mafia non ha proprio alcun interesse che si parli di lei e che vengano pubblicati libri come il mio. Preferirebbe continuare a diffondere l’immagine romantica dell‘ „onorata brigata“. E chi si accorge che in Germania la mafia non si limita solo ai sei morti calabresi a Duisburg, viene prontamente accusato di voler mettere in galera tutti gli italiani. E quella di razzismo è un’accusa che si può muovere con estrema facilità ai tedeschi.

Cara Petra Reski, molte grazie per l’intervista.